Le statue menhir maschili presentano nella parte superiore i caratteri peculiari del viso, lunghe sopracciglia arcuate e naso ben pronunciato.
L'origine e lo sviluppo ideologico delle statue menhir maschili sembra differenziarsi nettamente rispetto al menhir aniconico, ossia quello senza particolari segni distintivi, a volte grezzo altre volte elegante, nella forma slanciata sub-conica e nella lavorazione accurata, il modello originario che contiene la divinità. Su questa base silenziosa e inquietante i Sardi della Prima Età dei Metalli (2.700 a.C.) appongono e mescolano elementi del culto dei morti quale il "capovolto" e il pugnale, segno distintivo della forza e del potere. Gli antenati, i capi delle tribù del territorio, guerrieri di grande fama celebri per aver compiuto gesta mirabili degne dell'immortalità. Uomini ormai divinizzati e raffigurati in statue di dimensioni sempre più grandi, un inno alla sublimazione religiosa degli stessi, ai nuovi principi del Panteon.
Nella parte alta delle statue menhir sono presenti i caratteri distintivi del volto: il naso, talvolta gli occhi, spesso le sopracciglia; elementi che hanno contribuito in modo determinante a identificare in questa particolare classe di menhir il primo tentativo compiuto di rappresentare l'uomo, seppure già nei menhir "antropomorfi" un naso appena sottolineato e due occhi accennati esprimessero tale volontà. La conformazione della parte superiore delle statue-menhir che può essere ogivale o arrotondata, condiziona in alcuni casi, come quelli di Laconi, Nurallao e Genoni, lo sviluppo delle sopracciglia e principalmente il rapporto tra queste ed il naso. Nel primo caso, il contatto crea un angolo acuto. Invece quando il profilo superiore è arrotondato, l'angolo tra il naso e le sopracciglia si apre creando un vero e proprio motivo a "T".
L'analisi dei modelli finora noti individua tre tipi di sopracciglia:
Anche i nasi possono essere schematicamente riconducibili a due tipi:
Sotto lo schema del volto, talvolta, trova spazio la stilizzazione di un capovolto, un uomo raffigurato a testa in giù, nel trapasso tra la vita terrena e l'aldilà, come appunto capovolto veniva concepito il regno degli inferi nel quale le anime dei defunti volano via dalla terra con un tuffo a testa in giù.
Agli stessi motivi rimandano i petroglifi custoditi in grotte naturali come quelle del Bue Marino a Dorgali oppure quelli simili di Sa Spilunca Manna a Laconi o le straordinarie scenografie presenti nelle domus de janas di Moseddu a Cheremule e in quelle di Sas Concas di Oniferi, dove il movimento e il "volo" delle anime ravvivano le pareti mute delle case dei morti.
Il capovolto non viene sempre riprodotto secondo una figura standard, fermo restando lo schema rappresentativo di base, ma si esprime con delle varianti, delle differenze stilistiche a volte sorprendenti, dovute quasi certamente a maestranze che hanno operato in tempi e modi diversi.
Questi dettagli consentono di distinguere cinque tipi di capovolto:
Il pugnale è l'elemento caratterizzante le statue menhir maschili. Il simbolo della virilità, della forza, della propensione al combattimento e alla difesa di questi personaggi divinizzati in ragione del rango prestigioso e certo per le gesta memorabili delle quali non si è persa la memoria. Il pugnale è rappresentato in posizione orizzontale, nella parte medio inferiore del corpo della statua, corrispondente alla regione addominale e, nel caso di Genna Arrèle I di Laconi, appena al di sotto di una probabile cintura.
Si tratta di un'arma formata da due lame triangolari contrapposte, unite tra loro da una breve immanicatura, da qui anche il nome di "doppio pugnale", come parrebbe nei tipi più semplici oppure, come suggeriscono alcuni particolari, un pugnale con l'elsa più o meno pronunciata e la lama custodita nel fodero, in rame o in selce.
Enrico Atzeni riconosce nel "doppio pugnale" di una classe di statue piuttosto evolute quali quelle provenienti da Piscina ‘e Sali a Laconi (...) la concreta rappresentazione di un'arma realisticamente interpretabile sul classico modello Eneolitico "remedelliano" (Pugnale in rame a lama triangolare con nervatura tipico di Remedello), triangolare, a larga base retta, taglienti lunghi, diritti o convessi, simmetricamente riconvertenti a una acuminata punta, costante nervatura di rinforzo mediano sul corpo indicata con segno fusiforme o a "V". Immanicato su larga e di solito ben sviluppata impugnatura e orientato al fianco sinistro del personaggio statuario, il pugnale mostra più raramente un pomo ad ampio semidisco: più di frequente ne rivelerebbe una sinora inedita enfasi ogivale, invero confondibile, date le misure, con le forme del pugnale seppur "remedelliano, in selce.
A seconda del grado di dettaglio e delle forme restituite i pugnali possono essere inscritti in quattro gruppi: