Solitamente due seni a disco o a pastiglia contraddistinguono in modo essenziale e inequivocabile la femminilità, in alcuni casi rimarcata dall'acconciatura dei capelli come evidente nella statua di Genna Palàu I di Laconi.
Le statue femminili sono di dimensioni più piccole rispetto alle maschili, che risultano in chiara posizione dominante per numero e proporzioni. In un solo caso, Piscina 'e Sali III di Laconi, sotto i seni è restituito un motivo in bassorilievo che raffigura la cornice di una porta, la porta della vita attraverso la quale si viene al mondo o l'accesso alla vita ultraterrena. Quest'ultimo elemento riconduce alla Dea Madre, la Gran Madre mediterranea, l'unica divinità che può dare la vita e che nel suo grembo custodisce le spoglie mortali degli uomini, ai quali darà nuova vita, come testimoniato in numerose domus de janas.
È importante sottolineare che durante la prima età dei metalli, 2.700-2.400 a. C., la società muta notevolmente, favorendo l'avvento di clan guerreschi a capo dei quali vi sono dei capipopolo già venerati in vita, eroi poi resi immortali nelle rappresentazioni delle statue menhir maschili, ed è altrettanto importante il rapporto tra le due divinità, quella maschile del tutto nuova e la femminile, della Gran Madre, che dal Neolitico continua a mantenere un ruolo primario nella religione dei sardi anche se non più preminente.