Il pastore protestante Giuseppe Fues, cappellano del reggimento di fanteria tedesco “von Ziethen”, al servizio del re di Sardegna e di stanza a Cagliari, nel 1773 così scriveva ad un suo amico in Germania: Noi vediamo tutti i giorni mendicare attorno per la città un santo vivente, il quale è un frate laico dei cappuccini e si è acquistato con parecchi miracoli la venerazione dei suoi compatrioti. È probabilmente la testimonianza più bella fornita da un contemporaneo. Il frate era Ignazio da Laconi, che ancora in vita veniva chiamato “padre santo” e che la scrittrice e premio Nobel Grazia Deledda, definì “l’uomo più ricordato del Settecento sardo”.
Nacque a Laconi (Nuoro) il 17 dicembre 1701, secondo dei nove figli di Mattia Peis Cadello e di Anna Maria Sanna Casu, genitori poveri ma ricchi di fede; al battesimo gli fu imposto il nome di Vincenzo.
Crebbe timorato di Dio e ancora adolescente già praticava digiuni e mortificazioni; non frequentò scuole e non imparò mai a scrivere, ma andava ogni giorno a messa e faceva il chierichetto. Di poche parole parlava appena il dialetto sardo. A diciotto anni si ammalò gravemente, fece voto di entrare fra i cappuccini se fosse guarito; una volta risanato però non mantenne la promessa. Due anni dopo il suo cavallo si imbizzarrì mettendosi a correre senza controllo ai bordi di un precipizio. Vincenzo si risovvenne del voto mancato e chiese perdono. All’improvviso l’animale si fermò ed egli fu salvo per la seconda volta.
Il 3 novembre 1721, all’età di 20 anni, Vincenzo Peis Cadello, si presentò al convento dei cappuccini di Buoncammino a Cagliari. Inizialmente respinto per via del suo fisico gracile, grazie alla mediazione del marchese di Laconi, Gabriele Aymerich, riuscì ad entrarvi e il 10 novembre 1721 indossò l’abito religioso, prendendo il nome di fra Ignazio da Laconi. Dopo l’anno di noviziato, fu trasferito nel convento di Iglesias, qui fu dispensiere e addetto alla questua nelle campagne del Sulcis. Per quindici anni visse tra Domusnovas, Sanluri, Oristano e Quartu, poi fu richiamato a Cagliari e destinato al lanificio del convento di Buoncammino, dove si confezionava il tessuto per i religiosi. Nel 1741 a 40 anni venne impiegato come questuante.
Cagliari fu per 40 anni il campo del suo apostolato; con umiltà, efficacia e amore portò la realtà del convento in mezzo alla gente, tra i poveri e i peccatori della città. Chiedeva l’offerta per i bisogni del convento e per i poveri e spessissimo, avendo instaurato un contatto con le persone e con le famiglie, portava l’atteso consiglio, la Parola di Dio e interveniva con la preghiera e con la persuasione a districare situazioni scabrose.
Fra Ignazio fu venerato da tutti per lo splendore delle virtù e per i molti miracoli operati, per la sua attenzione verso le necessità materiali dei poveri che indirizzava al convento, ma anche per quelle spirituali; la sua bontà fu strumento di riconciliazione e di conversione per molti peccatori.
Nel 1779, divenuto cieco, venne dispensato dalla questua, ma per sua volontà continuò a partecipare alla vita comune dei frati, sottostando a tutte le regole e pratiche disciplinari, fino alla santa morte avvenuta a Cagliari l’11 maggio 1781 all’età di 80 anni. Per due giorni una impressionante folla sfilò davanti al feretro per rendergli omaggio. In vita era stato dotato di evidenti carismi e la fama della sua santità fu molto diffusa. Dopo la morte aumentò per i frequenti miracoli che si verificavano per sua intercessione.
Nel 1844 l’arcivescovo di Cagliari diede inizio alla causa di beatificazione. Il 26 maggio 1869 papa Pio IX lo dichiarò “venerabile”; fu beatificato da Pio XII il 16 giugno 1940 e proclamato Santo dallo stesso pontefice il 21 ottobre 1951. Alla cerimonia di canonizzazione a Roma, era presente un altro grande questuante cappuccino dello stesso convento di Cagliari, fra’ Nicola da Gesturi (1882-1958) che sarà proclamato beato il 3 ottobre 1999 da papa Giovanni Paolo II.
Sant’Ignazio da Laconi, l’umile frate sardo, mendicante e illetterato, viene celebrato l’11 maggio e in Sardegna è considerato patrono degli studenti.
(Tratto da www.santiebeati.it – Testo di Antonio Borrelli)